lunedì 18 giugno 2012

Itaca

Ieri leggevo un articolo di Eva Cantarella (Corriere della Sera). L'articolo propone una riflessione sull'attualità dei miti greci e su come essi fungano ancora da modello per il nostro presente. Cantarella chiaramente ha elaborato un concetto in merito alle elezioni greche, elezioni che paiono gravide di conseguenze e che speriamo portino qualcosa di buono per noi e per tutto il mondo ellenico. Tuttavia ho trovato queste sue riflessioni illuminanti per altri motivi.
Riporto alcuni stralci dell'articolo correggendo qualche singolare con plurale; la correzione (ah quanto mi piace questo termine franziano) è posta in evidenza. Sono stanca delle solite mortificazioni per cui la tua laurea e il tuo dottorato non valgono niente e quindi è meglio il copia e incolla rispetto ai tuoi attestati. Almeno qui, nel mio blog, voglio rimanere filologica e riporto le mie correzioni. Anche se è un pezzo di Eva Cantarella e non un articolo del Mitteilungen.


"Parlare di eredità che i greci ci hanno lasciato è il minimo che si possa fare, in giorni come questi. Quali che siano le condizioni, gli errori e le responsabilità di ciascuno di noi, sarebbe non solo ingiusto ma profondamente sbagliato dimenticare che senza quello che i greci ci hanno insegnato noi non saremmo quello che siamo. Il che non significa, sia ben chiaro, tornare a mitizzarli, come per troppo tempo si è fatto parlando dei loro presunti valori universali e della altrettanto presunta eternità di questi. Quel che dobbiamo fare, insomma, non è tornare a parlare della Grecia a proposito della quale, per intendersi, i libri di scuola parlano ancora, talvolta, di "miracolo greco". Di quella Grecia mitizzata la storiografia da alcuni decenni ha dimostrato l'irrealtà. É a un'altra Grecia che ci lega il nostro debito, quella vera, finalmente sottratta al mito, lontana e diversa da noi; ma nella quale affondano, tuttavia, alcune tra le più importanti conquiste del nostro pensiero, e le origini delle nostre  istituzioni politiche e giuridiche. Come stanno a dimostrarci - tra l'altro - i loro miti. [...] 
In ess[i] troviamo ancora degli archetipi che ci accompagnano ancora, nei quali riconosciamo le motivazioni dei nostri comportamenti e le caratteristiche della nostra personalità. Prendiamo ad esempio il mito di Ulisse. Itaca, come ben noto, è stata spesso intesa come una metafora: «Se cerchi la tua strada verso Itaca - scrive Kavafis [Costantino Kavafis poeta vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento], in una bellissima poesia  - spera in un viaggio lungo,/ avventuroso e pieno di scoperte./ I Lestrigoni e i Ciclopi non temerli/ non temere l'ira di Poseidone./... Non hai bisogno di affrettare il corso/ fa che il tuo viaggio duri anni, bellissimi,/ e che tu arrivi all'isola ormai vecchio,/ ricco di insegnamenti appresi in via...».  Non è volontà di un dio (come fu, per Ulisse, l'ira di Poseidone), a determinare il tuo viaggio: sei tu l'artefice della tua sorte - dice Kavafis - sei tu il padrone della tua vita. Quanti sono, oggi, gli Ulisse che affrontano pericoli apparentemente insuperabili, come fece Ulisse affrontando i Lestrigoni e i Ciclopi? Quanti sono coloro che si avventurano verso incontri con un inconoscibile che invece si può conoscere? [...] Ulisse è tra noi, Ulisse siamo noi."

Il viaggio come metafora della vita. Ulisse come archetipo delle esistenze umane.
Leggendo l'articolo mi è venuto spontaneo pensare a Silvia. Ci sono mete che ti allontanano dal punto di partenza. Nuovi traguardi, nuovi orizzonti, nuovi Lestrigoni da affrontare. Io e Cinci (Cinciully è un soprannome che ho fatto mio, tanto che sono l'unica a chiamarla così e questo è sintomatico del nostro legame) abbiamo passato tanti momenti: belli, brutti. Inutile elencarli tutti, non mi basterebbe questo blog. Tante gioie e qualche dolore. Abbiamo superato guai. Ma abbiamo riso insieme. Tanto. Il suo sarcasmo ha caratterizzato le nostre discussioni, smontando di volta in volta i vari Ciclopi. Siamo cambiate nel tempo, abbiamo cercato individualmente di scegliere le correzioni per le nostre vite e nonostante tutto il legame è rimasto inalterato. 
Stavolta eccola in veste di una determinata eroina dei tempi moderni in cerca della sua Itaca. E per fare ciò ha compiuto delle scelte, intraprendendo un viaggio che frutterà nuovi incontri e nuove esperienze. E sono sicura che metterà in campo tutte le sue risorse per arricchirsi.
Essere la spettatrice di questa svolta è stata fonte di gioia perchè anche la condivisione è ricchezza. 
Nei rapporti umani a volte tendiamo ad allontanarci a causa della distanza. Altre volte ci allontaniamo senza bisogno di spostarci. Questi due casi non fanno parte di un pezzo della nostra storia "amicale". 
Hai avuto il coraggio che non tutti avrebbero saputo sfruttare.
Tu sai come la penso.
Io so cosa voglia dire per te tutto questo.
E oggi, anche se lontane, sono sicura che siamo state vicine.






mercoledì 13 giugno 2012

Gente di mare


Anche stavolta ho vinto la mia proverbiale diffidenza e sono uscita dal mio piccolo/grande mondo per raggiungere una nuova destinazione: l'isola del Giglio.
Il processo per cui sono arrivata alla decisione di partire ha seguito la solita procedura: la scusa iniziale per andare (una gara di nuoto di Marco, l'amico di Ago), il mio sì tanto per dire, il mio sì effettivo, l'organizzazione del viaggio. Devo premettere che non è stata una delle settimane migliori della mia vita e quindi l'idea di cambiare aria ha rafforzato la voglia di partire. Poi il Giglio è il luogo di cui, per un verso o per l'altro, avevo sentito parlare. Rappresenta infatti l'isola delle emozioni di alcune amiche e quindi ero curiosa di vedere con i miei occhi tutto quello che sino ad ora era stato teatro di numerosi avvenimenti e racconti.
Dopo questo preambolo andiamo al sodo.
Il viaggio è stato decisamente movimentato: c'era un po' di mare (così si dice in gergo) e quindi schizzi d'acqua ovunque. Sembrava di essere sul tagadà. Non sto a dire quanto mi sia divertita in quell'oretta in balia delle onde in cima a quello strepitoso traghetto. E poi ho visto l'isola. (questo fa un po' Lost, lo so. Prendetemi per come sono.) Appena arrivati siamo subito andati a cena nei rioni. La serata è stata divertente, eravamo tutti in grande spolvero. Quante persone ho conosciuto? Boh, ho perso il conto.
Il finesettimana è proceduto senza soste:
colazione-pranzo-mare-aperitivo-cena-bar
colazione-barchetta-pranzo (in barchetta)-doccia-partenza
Mai stati fermi. Mai un minuto di solitudine. Ma il Giglio è stato generoso con me. Malgrado io non abbia rispettato le mie solite abitudini per cui entro in contatto con un luogo attraverso il silenzio e la riflessione il posto mi ha trasmesso una marea di sensazioni.
L'isola, hortus conclusus, pone il tuo essere in un'altra dimensione, ti scinde dal tuo universo, produce un distaccamento sia fisico che mentale dai tuoi luoghi, permette di lasciarti alle spalle pensieri, gesti, affanni. Insomma ti svuota.
Poi c'è il mare, componente essenziale di distacco e distensione. Passare una giornata in barca circondati dalla natura ha avuto su di me un effetto di rilassamento totale. Torni a Siena e ti senti come ripulito dalle preoccupazioni e dai pensieri negativi.
Al Giglio inoltre si respira quell'elemento che colpisce coloro che hanno un briciolo di sensibilità emotiva: l'isola è degli isolani, custodi orgogliosi del luogo della loro anima. Il senso di appartenenza è palpabile in ogni gigliese con cui ti capita di scambiare due parole. La percezione di questo sentimento è così forte che rende l'impatto con l'isola più potente, è come una cassa di risonanza che amplifica la bellezza dell'isola. Quasi ti dispiace di non farne parte.
I legami, mascherati da un'ironia gioiosa fatta di battute sarcastiche, risultano (almeno per quello che ho potuto vedere) vivaci, autentici. E questo a me piace parecchio.
Non sto a descrivere il luogo (andateci please) ne quello che abbiamo fatto nel dettaglio ma io sono un'amante degli elenchi e non voglio privarmi di farne uno anche in quest'occasione.
In questo caso ricorderò frasi o parole che sono state protagoniste della vacanza. Alcune sono veramente ermetiche per molti e dense di significato per i pochi partecipanti.
Eccolo:
- il Cynarone
- la barchetta
- il tagadà e l'anti-tagadà
- gli spaghetti alle vongole nella padella
- il blu metafisico
- cignolo m'buco (l'avrò scritto bene?)
- Argentino
- il bar da Pierina, luogo di incontro di tutte le persone che ho conosciuto
- la banda del Giglio (una foto di uno dei componenti qui a destra)
- il medico Armando
- la pubblicità alla macelleria Stefanini
- apotropaico
- la crostata di ricotta per merenda
- Zazza: "Ma fallo tajàaaaa! Che te fischiiiiiiiii"
- le gare di nuoto a Campese col mare ghiacciato (ma il nostro amico il giorno dopo si è piazzato sul podio. Grandi risultati!)
- la Concordia. Ho deciso di lasciare per ultimo l'elemento estraneo all'isola. Elemento che purtroppo è sempre lì e non puoi non fissarlo, non puoi non chiederti come è stato possibile, non puoi non inorridire davanti a quello che rappresenta un avvenimento terribile. Penso che per i gigliesi la notte di quella disgrazia funga in un certo senso da spartiacque: la vita prima e dopo quell'evento. Non so se loro si siano abituati a quella visione così estranea alla bellezza del luogo ma io ho fatto fatica a non pensarci e vi assicuro che dal vivo la visione crea un forte senso di pesantezza. Perchè non te ne fai una ragione di come sia potuta accadere una sciagura di tale portata. La Concordia ha invaso il paesaggio dando un senso di inquetudine e tristezza. Comunque credo di essere portavoce del pensiero di tutti quando dico che chi si reca al Giglio deve andarci perchè l'isola è bella e non per curiosità macabre. Ma basta parlare di questo che si rischia sempre di cadere nel qualunquismo.

Bene. Al di là della bellezza del luogo e della vivacità sorprendente delle persone che ho conosciuto questa mini vacanza ha fatto sì che mi lasciassi alle spalle qualche momento difficile. 
E quando dico lasciarmi alle spalle intendo dire che non voglio più neanche voltarmi. 
A volte c'è veramente bisogno di andare altrove per ritrovarsi. 
Quindi grazie Giglio. Grazie gigliesi!