mercoledì 13 giugno 2012

Gente di mare


Anche stavolta ho vinto la mia proverbiale diffidenza e sono uscita dal mio piccolo/grande mondo per raggiungere una nuova destinazione: l'isola del Giglio.
Il processo per cui sono arrivata alla decisione di partire ha seguito la solita procedura: la scusa iniziale per andare (una gara di nuoto di Marco, l'amico di Ago), il mio sì tanto per dire, il mio sì effettivo, l'organizzazione del viaggio. Devo premettere che non è stata una delle settimane migliori della mia vita e quindi l'idea di cambiare aria ha rafforzato la voglia di partire. Poi il Giglio è il luogo di cui, per un verso o per l'altro, avevo sentito parlare. Rappresenta infatti l'isola delle emozioni di alcune amiche e quindi ero curiosa di vedere con i miei occhi tutto quello che sino ad ora era stato teatro di numerosi avvenimenti e racconti.
Dopo questo preambolo andiamo al sodo.
Il viaggio è stato decisamente movimentato: c'era un po' di mare (così si dice in gergo) e quindi schizzi d'acqua ovunque. Sembrava di essere sul tagadà. Non sto a dire quanto mi sia divertita in quell'oretta in balia delle onde in cima a quello strepitoso traghetto. E poi ho visto l'isola. (questo fa un po' Lost, lo so. Prendetemi per come sono.) Appena arrivati siamo subito andati a cena nei rioni. La serata è stata divertente, eravamo tutti in grande spolvero. Quante persone ho conosciuto? Boh, ho perso il conto.
Il finesettimana è proceduto senza soste:
colazione-pranzo-mare-aperitivo-cena-bar
colazione-barchetta-pranzo (in barchetta)-doccia-partenza
Mai stati fermi. Mai un minuto di solitudine. Ma il Giglio è stato generoso con me. Malgrado io non abbia rispettato le mie solite abitudini per cui entro in contatto con un luogo attraverso il silenzio e la riflessione il posto mi ha trasmesso una marea di sensazioni.
L'isola, hortus conclusus, pone il tuo essere in un'altra dimensione, ti scinde dal tuo universo, produce un distaccamento sia fisico che mentale dai tuoi luoghi, permette di lasciarti alle spalle pensieri, gesti, affanni. Insomma ti svuota.
Poi c'è il mare, componente essenziale di distacco e distensione. Passare una giornata in barca circondati dalla natura ha avuto su di me un effetto di rilassamento totale. Torni a Siena e ti senti come ripulito dalle preoccupazioni e dai pensieri negativi.
Al Giglio inoltre si respira quell'elemento che colpisce coloro che hanno un briciolo di sensibilità emotiva: l'isola è degli isolani, custodi orgogliosi del luogo della loro anima. Il senso di appartenenza è palpabile in ogni gigliese con cui ti capita di scambiare due parole. La percezione di questo sentimento è così forte che rende l'impatto con l'isola più potente, è come una cassa di risonanza che amplifica la bellezza dell'isola. Quasi ti dispiace di non farne parte.
I legami, mascherati da un'ironia gioiosa fatta di battute sarcastiche, risultano (almeno per quello che ho potuto vedere) vivaci, autentici. E questo a me piace parecchio.
Non sto a descrivere il luogo (andateci please) ne quello che abbiamo fatto nel dettaglio ma io sono un'amante degli elenchi e non voglio privarmi di farne uno anche in quest'occasione.
In questo caso ricorderò frasi o parole che sono state protagoniste della vacanza. Alcune sono veramente ermetiche per molti e dense di significato per i pochi partecipanti.
Eccolo:
- il Cynarone
- la barchetta
- il tagadà e l'anti-tagadà
- gli spaghetti alle vongole nella padella
- il blu metafisico
- cignolo m'buco (l'avrò scritto bene?)
- Argentino
- il bar da Pierina, luogo di incontro di tutte le persone che ho conosciuto
- la banda del Giglio (una foto di uno dei componenti qui a destra)
- il medico Armando
- la pubblicità alla macelleria Stefanini
- apotropaico
- la crostata di ricotta per merenda
- Zazza: "Ma fallo tajàaaaa! Che te fischiiiiiiiii"
- le gare di nuoto a Campese col mare ghiacciato (ma il nostro amico il giorno dopo si è piazzato sul podio. Grandi risultati!)
- la Concordia. Ho deciso di lasciare per ultimo l'elemento estraneo all'isola. Elemento che purtroppo è sempre lì e non puoi non fissarlo, non puoi non chiederti come è stato possibile, non puoi non inorridire davanti a quello che rappresenta un avvenimento terribile. Penso che per i gigliesi la notte di quella disgrazia funga in un certo senso da spartiacque: la vita prima e dopo quell'evento. Non so se loro si siano abituati a quella visione così estranea alla bellezza del luogo ma io ho fatto fatica a non pensarci e vi assicuro che dal vivo la visione crea un forte senso di pesantezza. Perchè non te ne fai una ragione di come sia potuta accadere una sciagura di tale portata. La Concordia ha invaso il paesaggio dando un senso di inquetudine e tristezza. Comunque credo di essere portavoce del pensiero di tutti quando dico che chi si reca al Giglio deve andarci perchè l'isola è bella e non per curiosità macabre. Ma basta parlare di questo che si rischia sempre di cadere nel qualunquismo.

Bene. Al di là della bellezza del luogo e della vivacità sorprendente delle persone che ho conosciuto questa mini vacanza ha fatto sì che mi lasciassi alle spalle qualche momento difficile. 
E quando dico lasciarmi alle spalle intendo dire che non voglio più neanche voltarmi. 
A volte c'è veramente bisogno di andare altrove per ritrovarsi. 
Quindi grazie Giglio. Grazie gigliesi!






Nessun commento:

Posta un commento