mercoledì 29 gennaio 2014

STONER



Ci sono due motivi sostanzialmente per cui amo un libro: la trama avvincente e la qualità della scrittura.

Queste due caratteristiche non devono per forza essere entrambe presenti all'interno di un romanzo anzi di solito se è forte una manca l'altra o viceversa. Posso dire senza tanti giri di parole che sono pochi gli scrittori che dal mio punto di vista riescono a combinare una buona trama con uno stile di grande qualità.

E Stoner è un libro che mi è piaciuto perchè è scritto bene.

L'ho letto la scorsa estate dietro consiglio di mio cugino Massimiliano, assiduo lettore di romanzi e amante dei libri. In realtà Massimiliano mi aveva suggerito di leggere dello stesso autore Butcher's Crossing ma appena ho saputo che l'argomento principale era la caccia di animali ho lasciato perdere. Non riesco a leggere o vedere animali ammazzati, è più forte di me. Devo ancora leggere un libro di Ammaniti dove so che ad un certo punto viene ucciso un cane quindi figuriamoci la caccia. Ma ero comunque incuriosita da questo John Williams, scrittore texano e insegnante universitario, e quindi ho comprato Stoner. Il romanzo è stato pubblicato in America nel 1965 e poi ripubblicato postumo nel 2004 con un notevole successo di critica. In Italia è edito da Fazi che ha scelto una buona copertina. Sulle copertine dei libri si potrebbe discutere a lungo perchè a volte le case editrici fanno dei danni allucinanti. Ma questa è un'altra storia.

La trama è apparentemente molto semplice: racconta la storia di un uomo che, cresciuto in un ambiente contadino, ottiene una cattedra come insegnante di letteratura inglese, materia per cui ha una vera passione ma una passione dimessa, timida, non manifesta nè presuntuosa. Sposa una donna gracile con cui tenta di avere una storia d'amore ma il suo tentativo è vano. Da questa relazione arida e priva di emozioni nascerà una bambina con cui il protagonista, a causa delle intemperanze della moglie, non riuscirà ad avere un vero rapporto d'amore filiale. La vita di Stoner scorre senza grandi colpi di scena fino a quando si innamora di una sua studentessa. In questa ultima parte del libro succedono vari avvenimenti che sconvolgono la sua vita ma il protagonista rimane fedele a quella modalità di vivere senza eccessi, senza passioni manifeste se non quella per l'unica donna che abbia mai amato.

La lettura scorre veloce perchè davvero di grandissima qualità, quella qualità che si evince dalla profondità con cui l'autore sceglie di dedicarsi all'introspezione del protagonista e nel trasmettere emozioni attraverso le parole. Sembra che apparentemente non accada nulla ma è un po' come dire che quando l'uomo guarda la luna, lo stolto guarda il dito. Perchè in realtà il libro è ricco di avvenimenti che fanno parte dell'emisfero non pratico ma emotivo e riflessivo del protagonista. Attraverso la narrazione noi entriamo dentro l'anima di Stoner e ne scopriamo ogni minima sfumatura finendo per stare dalla sua parte. In questo libro scorre la sua vita, la vita di un uomo normale ma, e qui c'è tutta la bravura dell'autore, è la modalità del vissuto ad entrarci dentro. Nutro una certa ammirazione per tutti quei protagonisti dei libri che rimangono un passo indietro rispetto a prepotenze, che sono profondamente idealisti e che non cercano necessariamente un riscatto sociale. E Stoner è un uomo così. Certo paga un prezzo altissimo per rimanere fedele ai suoi ideali ma sceglie di farlo e questo mi piace.

Tra le tante persone con cui ho parlato di questo libro tutte mi hanno detto che la parte più sensazionale è il finale ma io non sono d'accordo. Le pagine più belle sono quelle dedicate alla sua storia sentimentale con Katherine per cui nutre un amore profondo ma difficile, intenso ma triste. Leggendo hai la consapevolezza che questa passione amorosa non è destinata a durare ma finisci comunque per comprenderne e condividerne le motivazioni.

A proposito di questa parte del romanzo ci sono alcune parti molto intense, due su tutte che riporto:



"A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l'amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un'altra"



"Bisogna innamorarsi, per capire un po' come si è fatti".



Tutto vero.

Siamo quello che amiamo e a volte è l'amore che ci fa capire qualcosa di noi.













Nessun commento:

Posta un commento