lunedì 10 febbraio 2014

Vale la pena di scoprire la verità sul caso Harry Quebert?



Perchè dovremmo essere incuriositi dal sapere la verità sul caso Harry Quebert? Io ho appena finito di leggere il libro e ancora me lo sto chiedendo. Ho comprato il romanzo-thriller quest'estate incoraggiata dalle critiche osannanti, dal battage pubblicitario e dai commenti entusiasti di coloro che lo avevano letto. E non è un caso forse che il libro sia rimasto sul mio comodino così a lungo.
La prima regola di un buon lettore è quella di non fidarsi troppo delle recensioni dei giornalisti che incensano un libro che forse hanno letto di straforo, regola che spesso mi scordo di osservare.
Io non l'ho finito in tre giorni come di solito accade per i libri che non mi fanno staccare gli occhi dalle pagine e non l'ho trovato assolutamente travolgente. I motivi? Sono davvero tanti.
La storia ha una trama che potrebbe essere avvincente: siamo in America nel 2008 e uno scrittore in crisi, Marcus Goldman, indaga sul ritrovamento del corpo di una ragazza scomparsa in circostanze misteriose nel 1975. Verrà accusato di omicidio l'amico dello scrittore, Harry Quebert, nel cui giardino sono stati rinvenuti i resti della ragazza. Marcus, convinto dell'innocenza dell'amico, cercherà di far luce sulla vicenda e per trovare la verità sul caso gli ci vorranno ben 775 pagine. Non mi faccio intimorire dai mattoni ma dopo i primi tre capitoli la storia perde di mordente. Un libro con una trama intrigante, se fosse stato davvero una calamita, lo avrei terminato in poco tempo ma non è andata così perché qualcosa proprio non funziona. Innanzitutto i colpi di scena che, se escludo le ultime 30 pagine, non mi hanno lasciato sorpresa e non ho avuto l'impulso di sbrigarmi a leggere per scoprire lo svolgersi della storia nei capitoli successivi. 
Lo stile dello scrittore, per quanto scorrevole, non ha alcuno spessore; i protagonisti della vicenda sono raccontati attraverso il loro passato grazie al quale dovrebbero uscire le loro caratteristiche intrinseche e psicologiche. E invece no, si racconta una storia tuttavia ai personaggi non viene dato un corpo emotivo, una struttura caratteriale e quindi è difficile farsi un'idea generale di ognuno. Paradossalmente si potevano scrivere sempre 775 pagine tagliando alcune parti per approfondirne altre che forse meritavano una maggiore indagine per accrescere l'interesse del lettore.
La storia d'amore intorno alla quale ruota la scomparsa della ragazza è di un clichè abbastanza scontato (oserei dire da romanzo Harmony) e inverosimile: un uomo e una ragazza sulla spiaggia si conoscono sotto la pioggia e si innamorano. Ma quando capita nella vita di stare sotto la pioggia in spiaggia e di incontrare qualcuno di cui ti innamori perdutamente? Mai. Per non parlare poi dei dialoghi tra i due, lì raggiungiamo proprio la fantascienza. Anche il sentimento amoroso, come quello amicale, è trattato con superficialità, pieno di frasi fatte e molto lontano dalla realtà del mondo di oggi. 
Le caratteristiche del thriller sono presenti perché la storia, come dicevo all'inizio, ha una bella trama ma tutte le volte che si giunge a quella che potrebbe essere la conclusione intuisci che non lo sarà perché hai la netta sensazione di essere molto lontano dalla famosa verità e che ancora c'è molto da scoprire. Ma questo non ti lascia incuriosito o rapito. Continui a leggere perché ormai vuoi scoprire chi ha ucciso la giovane ragazza però a volte ti chiedi se è necessario saperlo davvero. Anche i dialoghi lasciano molto a desiderare perché anch'essi banalotti e pieni di orribili punti esclamativi che neanche nella chat con una tua amica useresti. 
Ogni tanto poi l'autore condisce il tutto con una spruzzata (anche questa banale) di attualità come il racconto delle elezioni americane, dettagli assolutamente superflui, che nulla aggiungono alla completezza del testo.
Ho tentato invano, come sempre mi accade, di fare ipotesi sull'assassino ma questo aspetto di solito non mi interessa perché sono la costruzione e il conseguente sviluppo della storia a coinvolgermi, sviluppo che, in questo caso, non si traduce mai in qualcosa di corposo e quindi avvincente. 
Insomma niente di nuovo e di eclatante sotto questo sole.
Qui non siamo di fronte a un caso editoriale e quindi mi domando il motivo di tanto successo. 
Forse perché c'è bisogno di leggerezza? 
Forse perché il linguaggio che piace al lettore di massa corrisponde allo stile di questo libro?
Forse perché sono diventata così cinica che niente più mi sorprende?
Io in queste 775 pagine non ho trovato niente di interessante, niente che mi ha entusiasmato e niente che mi ha fatto riflettere anche se sono convinta che l'idea iniziale, se sviluppata nel modo giusto e con un lavoro di editing decente, avrebbe potuto trasformarlo in un buon romanzo.
Insomma si poteva fare di più. 
Dicono che uno scrittore scriva solo un grande libro nella sua vita e per fortuna Dicker questo non è il tuo caso. 
Ritenta, sarai più fortunato.

PS: Oltre ai punti interrogativi peregrini ho trovato a pagina 400 un refuso all'interno di una frase dove manca la lettera a. Un errore abbastanza grave per una casa editrice come la Bompiani.


Nessun commento:

Posta un commento